Merceologia Tessile - Introduzione (IT)

Merceologia Tessile - Introduzione (IT)

Merceologia Delle Fibre Tessili
La parola “merceologia” si compone, a livello etimologico, di due parti: merce + logia. “Logia” deriva da logos, termine greco che significa “discorso”, e che aggiunto al termine “merce” va ad indicare, appunto, il discorso sulle merci cioè su tutto ciò che può essere commercializzato. Merceologia indica, dunque, lo studio delle proprietà, delle caratteristiche d’impiego e del commercio stesso (materie prime -> ciclo produttivo -> prodotto -> materia prima seconda ecc.) di qualsiasi tipologia di merce.
La merceologia delle fibre tessili, nello specifico, studia tutti quei materiali (di diversa origine) che possono essere trasformati in fibre tessili e che sono, conseguentemente, polimeri (o macromolecole).
Un polimero è una grande molecola che ha l’aspetto di una lunga catena (lineare, ramificata o reticolata) formata da tante unità base, chiamate monomeri, legate tra loro da legami chimici.
Il corpo umano è composto (a livello di macroelementi) da acqua, proteine, glucidi e lipidi; le proteine non sono altro che polimeri (macromolecole) costituiti da monomeri detti amminoacidi.
Così come i peli del corpo umano (o animale), anche le fibre tessili naturali (animali o vegetali), si costituiscono di proteine e dunque sono polimeri.
Non approfondiremo qui l’aspetto chimico delle fibre tessili; poiché esso esula dal mio ambito di competenza, ma è estremamente importante comprendere la natura chimica delle fibre tessili per analizzarne sicurezza a livello di salute umana e sostenibilità ambientale ed è, dunque, importante comprendere che esse sono, di base, polimeri.

Analisi Merceologica
Con analisi mercologica, si intende poi l’analisi effettuata tramite microscopio che permette di comprendere quale fibra compone un determinato tessuto. Nel caso di una fibra naturale sarà sufficiente l’analisi microscopica, nel caso di una fibra chimica si dovrà, invece, procedere ad ulteriori analisi per stabilire, nello specifico, di quale fibra di tratti. Solitamente queste analisi vengono condotte chimicamente, applicando un solvente alla fibra: in base a quale solvente discioglierà la fibra, sarà possibile dire di che fibra si tratta. Nuovamente, si comprende chiaramente l’importanza dell’analisi chimica delle fibre tessili.

Nello specifico, la merceologia tessile (anche attraverso una preliminare analisi merceologica) va ad analizzare i seguenti aspetti delle fibre:
Caratteri Morfologici -> Aspetto
Caratteri Organolettici -> Coinvolgono gli altri sensi oltre la vista
Caratteri Fisici -> Resistenza alla trazione, comportamento in presenza di umidità, calore, luce ecc.
Caratteri Chimici -> Composizione chimica e comportamenti in presenza di alcune sostanze

Fibre tessili
Con il termine fibre tessili si intendono tutti quei materiali filamentosi che, per loro struttura e loro caratteristiche chimico-fisiche, sono suscettibili di essere trasformati in filati e successivamente in tessuti. Esistono attualmente (2024) 50 tipi di fibre tessili riconosciute per legge e sono sostanze presenti in natura o prodotte dall’uomo di aspetto filamentoso e fusiforme, che si prestano ad essere filate e tessute, sia per la loro morfologia, sia per le loro caratteristiche di resistenza, elasticità e flessibilità. Le fibre potenzialmente utilizzabili a scopo tessile esistenti in natura sono molte di più (oltre 500), ma vengono qui tenute in considerazione quelle utilizzate a livello industriale e, conseguentemente, normate dalla legge.

Nel settembre del 2011 viene stilato il Nuovo Regolamento UE 1007/2011 (e successive modificazioni) entrato in vigore l'8 maggio 2012 relativo alle denominazioni delle fibre tessili e alla loro etichettatura. Normata dalla legge, l’etichetta è un documento ufficiale in cui il produttore è obbligato ad indicare le caratteristiche del prodotto nel dettaglio (differenza tra lana e lana vergine es.) e ad indicarne i componenti in ordine decrescente (contrassegno della composizione fibrosa: es. 80% lana, 20% acrilico).
Secondo l’Articolo 5 di questo regolamento:
1. Per la descrizione della composizione fibrosa nelle etichette e nel contrassegno di prodotti tessili sono utilizzate solo le denominazioni di fibre tessili elencate nell'allegato I.
2. L'impiego delle denominazioni elencate nell'allegato I è riservato alle fibre tessili la cui natura corrisponde alla descrizione contenuta in tale allegato.
3. È vietato l'impiego delle denominazioni elencate nell'allegato I per designare qualsiasi altra fibra, sia a titolo principale, sia a titolo di radice, sia in forma di aggettivo.
4. È vietato l'impiego della denominazione «seta» per indicare la forma o la presentazione particolare di fibre tessili in filo continuo. (All’inizio della produzione delle fibre sintetiche, essendo che queste venivano prodotte direttamente in filo continuo imitando proprio il modo in cui il baco secerne il suo filamento di seta, esse venivano denominate seta artificiale, ma questo termine risulta fuorviante e per questo ne è stato vietato l’utilizzo).

Dalla sola, breve, analisi dell’Articolo 5, comprendiamo come la normatività delle fibre tessili sia in continua evoluzione, così come in continua evoluzione è l’industria della moda. Nuove fibre vengono continuamente scoperte e nuovi termini devono essere coniati per definirle; alla commercializzazione di queste fibre deve necessariamente precedere la loro normazione secondo leggi internazionali che proteggano sia i produttori che i consumatori finali.
Si tratta, senza dubbio, di un discorso controverso questo della normazione delle fibre tessili; poiché pur essendo molte leggi, come detto, internazionali esistono ancora numerosi stati che non essendo sottoposti a queste leggi possono facilmente ingannare il consumatore finale danneggiandolo e danneggiando contemporaneamente tutti i produttori rispettosi di norme rigide e costose.
Analizzeremo, invece, a parte e più nel dettaglio la normazione della produzione e dell’utilizzo del pellame; nonché la denominazione dei materiali vegani che, per legge, non possono essere definiti “pelle” o “cuoio” pur imitandone aspetto e funzionalità.

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