
Biancaneve e i Sette Nani (IT)
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Biancaneve e i Sette Nani - Fratelli Grimm (1812)
“C'era una volta, nel pieno dell'inverno, quando soffici fiocchi di neve cadevano come piume dal cielo, una regina che cuciva seduta presso una finestra dalla cornice nera di legno d'ebano.
Mentre cuciva, guardava la neve e si punse un dito con l'ago; così, tre gocce di sangue caddero sulla neve e il rosso sul bianco risultò così bello ch'ella pensò: 'Ah, se solo avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue, e bruno come l'ebano di questa finestra!'
Poco tempo dopo, le nacque una figlia che era bianca come la neve, rossa come il sangue e bruna come l'ebano, così la chiamarono la loro Piccola Biancaneve.
Ora, la regina era la più bella donna di tutto il regno ed ella ne era assai orgogliosa. Aveva uno specchio, il quale rifletteva la sua immagine ogni giorno, e al quale ella domandava: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la donna più bella del reame?"
E lo specchio rispondeva sempre: "Tu, mia regina, sei la più bella."
E così era sicura che nessun'altra al mondo era più bella di lei, finché, Biancaneve crebbe, e quando ebbe sette anni, fu così bella, da superare in beltà la stessa regina.
Un giorno la regina domandò allo specchio: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la donna più bella del reame?"
E lo specchio rispose: "Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma ormai, la piccola Biancaneve lo è mille volte di più."
Quando la regina udì quelle parole, divenne pallida dall'invidia, e da quel momento, prese ad odiare Biancaneve; ogni volta che la vedeva, pensava che la fanciulla fosse da biasimare poiché a causa sua ella non era più la donna più bella del mondo, e questo sconvolse il suo cuore.
La gelosia non le diede più pace, e finalmente, un giorno, convocò un cacciatore e gli disse: "Prendi Biancaneve e portala in qualche angolo remoto della foresta, e trafiggila a morte con un pugnale. Come prova della sua morte, portami i polmoni e il fegato; io li cuocerò con il sale e me li mangerò."
Il cacciatore portò Biancaneve nella foresta. Quando fu sul punto di accoltellarla, essa cominciò a piangere, supplicandolo di risparmiarla e gli promise di scappare via nel bosco e di non fare più ritorno. Il cacciatore ebbe pietà di lei perché era bella e pensò, 'le bestie selvatiche la divoreranno in ogni caso, ma io sono lieto di non aver dovuto ucciderla', e, in quel mentre, passò di lì un cinghialetto; il cacciatore lo ammazzò, e alla regina portò i polmoni e il fegato, come prova della morte di Biancaneve, ed ella lì cucinò con il sale e li mangiò, convinta di mangiare il fegato e i polmoni di Biancaneve, la quale, nel frattempo, si ritrovò sola nella grande foresta. Ebbe terribilmente paura, e cominciò a correre, e corse per tutto il giorno fra le spine e le pietre aguzze. Finalmente, al tramonto, arrivò a una casetta. Era la casa dei sette nani, che di giorno lavoravano in una miniera, ed erano assenti. Biancaneve entrò e vide che tutto era molto piccolo, ma pulito e ordinato. C'era una tovaglia su un tavolo apparecchiato per sette persone, con sette piattini, e in ogni piatto c'era un cucchiaio, e sette coltelli e sette forchettine, e altrettante tazzine. Contro la parete c'erano sette lettini, tutti rifatti da poco. Biancaneve era affamata e assetata, perciò mangiò un po' di verdura e del pane da ogni piatto; e da ogni tazza bevve una goccia di vino, e siccome era stanca morta, voleva coricarsi e dormire; testò tutti e sette i lettini, li provò uno dopo l'altro, ma su nessuno di questi si sentì comoda, fino a che giunse all'ultimo, e lì restò coricata e si addormentò. Quando scese la notte, i sette nani rientrarono dal lavoro, e accesero le loro sette candeline, e subito s'accorsero che qualcuno era stato in casa.
Il primo disse: "Chi si è seduto sulla mia seggiolina?"
Il secondo: "Chi ha mangiato dal mio piattino?"
Il terzo: "Chi ha mangiato il mio panino?"
Il quarto: "Chi ha mangiato la mia verdurina?"
Il quinto: "Chi ha usato la mia forchettina?"
Il sesto: "Chi ha tagliato con il mio coltellino?"
E il settimo: "Chi ha bevuto dalla mia tazzina?"
Poi il primo disse: "Chi è stato sul mio lettino?"
E il secondo: "E qualcuno si è sdraiato sul mio letto."
E così via, fino al settimo, e quando videro il letto, vi trovarono Biancaneve distesa che dormiva profondamente. Tutti e sette i nani corsero a vedere, e rimasero a bocca aperta per lo stupore. Portarono le sette candeline e osservarono Biancaneve: "Giusto cielo, giusto cielo!" gridarono. "Oh, com'è bella!" E subito la trovarono deliziosa. Decisero di non svegliarla, e di lasciarla dormire in quel letto, perciò, il settimo nano dovette dormire con gli altri, un'ora con ognuno tutta la notte. Quando Biancaneve si svegliò, i nani le chiesero chi fosse e com'era giunta a casa loro, ed ella raccontò che sua madre aveva tentato di ucciderla, ma che per fortuna, il buon cacciatore le aveva risparmiato la vita, e, pertanto, aveva vagato tutto il giorno nella foresta, fino a quando aveva trovato la loro casa. I nani provarono pietà per la fanciulla e dissero: "Se terrai in ordine la casa, se vorrai cucinare, rifare i letti, lavare, cucire e ricamare, e tenere tutto in ordine e pulito, allora potrai restare qui con noi e noi provvederemo a te. Noi stiamo fuori tutto il giorno a scavare la roccia per estrarre oro dalla miniera, e quando rientriamo la cena deve essere pronta. Perciò durante il giorno sarai sola, quindi, guardati bene dalla regina, e non fare entrare nessuno in casa."
Nel frattempo, la regina pensò di essere di nuovo la donna più bella della terra, e il mattino seguente, davanti allo specchio, domandò: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la donna più bella del reame?"
Lo specchio rispose ancora una volta: "Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma la piccola Biancaneve, lassù, oltre le sette montagne, lo è mille volte di più."
La regina inorridì, e capì di essere stata ingannata dal cacciatore, il quale non aveva ucciso Biancaneve, e siccome sapeva che soltanto i sette nani abitavano tra le sette montagne, comprese immediatamente che essi l'avevano salvata e tenuta lì con loro. Perciò, cominciò subito a pianificare un modo per ucciderla, perché non avrebbe avuto pace fino a quando lo specchio non fosse tornato a dire che era lei la donna più bella della terra. Alla fine, le venne un'idea: si travestì da vecchia ambulante e si scurì il viso, in modo da non farsi riconoscere da nessuno, e andò a casa dei sette nani. Bussò alla porta e gridò: "Aprite, aprite. Sono una vecchia ambulante con tante belle cose da vendere." Biancaneve si affacciò dalla finestra: "Che cosa avete?" "Nastri da vita, cara bambina" rispose la vecchia, mostrandogliene uno intrecciato di seta gialla, rossa, e blu. "Vi piace questo?" "Oh, sì" rispose Biancaneve pensando, 'questa vecchia signora posso anche farla entrare: sembra innocua.' Aprì la porta e contrattò il prezzo per i nastri. "Non l'hai allacciato bene," disse la vecchia, "vieni qui, che te lo sistemo io." Biancaneve si avvicinò, e quella prese il nastro e lo strinse tanto forte da farla soffocare, così, cadde a terra come morta. A quel punto la vecchia fu soddisfatta, e se ne andò.
Quando fu notte, e i nani tornarono a casa, rimasero inorriditi di fronte a Biancaneve che giaceva per terra priva di sensi, come morta. La sollevarono, e videro che era allacciata troppo stretta in vita, così, tagliarono il nastro in due, e Biancaneve tornò a respirare, e in breve tempo si riebbe. È stata certamente opera della regina, che ha cercato di ucciderti" dissero i nani, "devi stare più attenta e non far più entrare nessuno." Tornata a casa, la regina chiese allo specchio: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la donna più bella del reame?"
Lo specchio rispose ancora una volta: "Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma la piccola Biancaneve, lassù, tra i sette nani, lo è mille volte di più."
La regina rimase pietrificata dall'orrore e le si gelò il sangue nelle vene, perché seppe che Biancaneve era ancora viva; così, per tutto il giorno e per tutta la notte, architettò un secondo piano per ucciderla. Creò un pettine avvelenato, si travestì diversamente, e uscì di casa. Bussò alla porta, ma Biancaneve rispose: "Non posso lasciare entrare nessuno." Allora ella tirò fuori il pettine, e quando la fanciulla vide come brillava, aprì la porta alla completa sconosciuta, e comprò il pettine. "Vieni, lascia che ti pettini io," disse l'ambulante; appena ebbe infilato il pettine tra i capelli di Biancaneve, la fanciulla svenne e cadde a terra morta. "E così resterai" disse la regina, tornandosene a casa con il cuore più leggero.
I nani tornarono a casa giusto in tempo: videro quanto era successo, e tolsero il pettine avvelenato dai capelli di Biancaneve, la quale, aprì gli occhi e rinvenne. Poi, promise loro che non avrebbe più aperto a nessuno. La regina andò allo specchio e disse: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la donna più bella del reame?"
Lo specchio rispose: "Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma la piccola Biancaneve, lassù, tra i sette nani, lo è mille volte di più."
Quando la regina sentì quelle parole, tremò di rabbia ed esclamò: "Biancaneve morirà, dovesse costarmi la vita!" Poi, si recò nella sua stanza segreta, dove nessuno poteva entrare, e creò una mela adulterata con un veleno estremamente potente; dall'esterno, era rossa e bella, da invogliare chiunque a mangiarla, ma anche un solo morso avrebbe causato morte certa. Poi, si travestì da contadina, e si recò a casa dei sette nani e bussò alla porta. Biancaneve mise fuori il capo e disse: "Non sono autorizzata a farvi entrare. I nani me lo hanno strettamente proibito." "Se non volete, non posso obbligarvi," rispose lei, "io vendo queste belle mele, e vorrei farvene assaggiare una." "No, non posso accettare nulla. I nani non vogliono." "Se avete paura, allora, taglierò questa mela in due e ne mangerò metà; ecco, mangiatela voi, la parte più bella, quella rossa." Ora, bisogna sapere che la mela era fatta con tanta arte, che soltanto la parte rossa era avvelenata, e quando Biancaneve vide che la contadina stava mangiando l'altra metà, la sua voglia crebbe tanto che accettò la metà avvelenata e la vecchia gliela passò dalla finestra. Diede un morso, ma subito cadde a terra, morta. La regina fu felice, tornò a casa, e chiese allo specchio: "Specchio, specchio delle mie brame, chi è la donna più bella del reame?"
E quello rispose: "Tu, mia regina, sei la più bella." "Finalmente avrò pace" disse, "perché ancora una volta sono io la donna più bella della terra. Questa volta Biancaneve non si salverà."
Quella sera, i sette nani tornarono dalla miniera, e trovarono Biancaneve che giaceva a terra, ed era morta. Allora le slacciarono le stringhe, e cercarono il segno del veleno tra i capelli, ma inutilmente: non riuscirono a rianimarla, perciò, la deposero su un cataletto, e tutti e sette sedettero accanto a lei e piansero e ripiansero per tre giorni. Stavano per seppellirla, ma poi videro che il suo corpo era ancora fresco: non aveva l'aspetto tipico della morte, e le sue gote si erano conservate rosse. Costruirono una bara di cristallo, e la depositarono all'interno, così che, dall'esterno, potevano vederla; scrissero a lettere d'oro il suo nome e la sua discendenza, e da quel giorno fecero a turno la veglia. Biancaneve restò molto a lungo distesa, senza vita, nella bara, senza decomporsi. Dopo tanto tempo, era ancora bianca come la neve e rossa come il sangue, come se fosse ancora in grado di aprire gli occhi neri come l'ebano, e lì giaceva, ancora, come se dormisse.
Un giorno capitò a casa dei sette nani un giovane principe, e chiese rifugio per la notte; quando entrò nel salotto e vide Biancaneve che giaceva nel feretro di cristallo, così poeticamente illuminato dalle sette candele, rimase incantato dalla sua bellezza. Lesse l'iscrizione d'oro e seppe dunque che era figlia di un re. Chiese ai nani di vendergli la bara con il corpo di Biancaneve, ma essi non vollero per tutto l'oro del mondo. Allora egli supplicò che gliela regalassero, poiché non poteva più vivere senza poterla vedere, e garantì che l'avrebbe onorata e rispettata come il suo bene più prezioso. Alla fine, i nani ebbero pietà di lui e gliela lasciarono portar via. Ora, il principe la fece portare al suo castello, e la fece collocare in una stanza dove egli restava seduto a vegliare per tutto il giorno, senza mai toglierle gli occhi di dosso, e, ogni volta che doveva assentarsi e non poteva avere la salma di Biancaneve vicino, s'intristiva, e non riusciva a mandare giù un solo boccone, fino a quando non aveva il feretro accanto a sé. Allora accadde che i servi, che dovevano continuamente portare la bara avanti e indietro, cominciarono a irritarsi per la situazione, e, una volta, uno di loro scoperchiò la cassa, e, sollevando Biancaneve, dissero: "Guardate qui, ci tocca questa corvée tutto il giorno, per colpa di una ragazza morta"; e così dicendo, le diedero un colpo di mano sulla schiena, e così, in quel mentre, il terribile pezzo di mela che aveva morso, le fuoriuscì dalla gola, e Biancaneve tornò in vita. Si alzò, si diresse verso il principe, che era fuori di sé dalla gioia di rivedere la sua amata viva. Si sedettero insieme in tavola e mangiarono con gioia. Le nozze furono fissate per l'indomani, e anche la cattiva mamma di Biancaneve fu invitata. Quel mattino, ella si presentò dinnanzi allo specchio e disse: "Specchio, specchio, delle mie brame, Chi è la più bella del reame?"
E lo specchio rispose: "Grande è la tua beltà, oh mia regina, ma la giovane regina lo è mille volte di più."
Nel sentire lo specchio risponderle così, rimase inorridita, e fu così sopraffatta dalla paura che non riuscì a dire parola. Ma, nuovamente gelosa di Biancaneve, decise di andare allo sposalizio a vedere la giovane regina, e quando arrivò, vide che si trattava di Biancaneve.
Poi misero un paio di scarpe di ferro sul fuoco finché furono incandescenti, ed ella dovette indossarle e ballare con quelle scarpe ai piedi. I suoi piedi rimasero completamente arsi, ed ella non riuscì più a fermarsi fino a che ebbe consumato l'ultimo ballo e poi morì.”
Tralasciando i significati esoterici di questa fiaba, quella che ho qui riportato ne è la prima versione redatta da Fratelli Grimm nel 1812, poi variamente modificata per adattarla ai gusti del pubblico.
Jacob Ludwig Karl Grimm e Wilhelm Karl Grimm sull’onda del nazionalismo romantico del 1800 e forti dei loro studi linguistici e filologici, viaggiarono in diverse regioni del centro Europa al fine di raccogliere le fiabe popolari e riportarle all’interno di una raccolta intitolata Kinder- und Hausmärchen (Fiabe per bambini e per la casa) redatta tra il 1812 e il 1822. Siccome molte delle fiabe popolari erano state modificate durante la loro trasmissione orale a seconda delle diverse regioni e delle tradizioni locali, i Fratelli Grimm, nel raccoglierle, ne compilarono versioni contaminate che riunivano e assemblavano vari pezzi di diverse tradizioni in uniche narrazioni coerenti e recanti una morale socioculturale non solo accettabile, ma utile alla formazione dell’ideale di nazione tedesca.
Nello specifico in questo articolo voglio analizzare la fiaba di Biancaneve nella sua trasposizione cinematografica disneiana risalente al 1937.
Biancaneve e i Sette Nani fu, infatti, il primo lungometraggio animato portato da Walt Disney sul grande schermo e, inevitabilmente, segnò la storia del cinema. Tralasciando aspetti che non mi competono come la qualità (a quanto so estrema per quegli anni) del disegno e dell’animazione, vorrei parlare dei costumi di questo cartone animato e, alla fine, lasciarvi anche una piccola curiosità storica.
Ma come si fa a giudicare i costumi di un cartone animato? È evidente che il disegno permette di far indossare ai personaggi qualunque costume, a prescindere dal fatto che questo sia poi effettivamente realizzabile o meno; qui vorrei analizzare l’attendibilità storica dei disegni creati dalla Disney.
Secondo alcuni studi storici, la fiaba di Biancaneve potrebbe derivare non solo da un racconto popolare (diffuso, per altro, in quasi tutto il mondo anche se in diverse varianti), ma anche da fatti realmente accaduti.
In particolare sarebbero esistite in Germania “due Biancaneve” vissute in epoche storiche differenti.
Nel 1994, lo storico Eckhard Sander pubblicò un testo riguardo le origini della fiaba di Biancaneve identificandone la protagonista con Margaretha von Waldeck nata nel 1533 e morta a soli 21 anni. Questa giovane e bellissima nobildonna, figlia di Filippo IV conte di Waldeck-Wildungen e della sua prima moglie, dal 1539 ebbe una matrigna molto severa, Caterina di Hatzfeld (1510–1546) che, pare, la costrinse all’esilio a Bruxelles alla corte di Maria d'Ungheria. “Leggenda” vuole che alla corte di Bruxelles, Margaretha avesse conosciuto il principe ereditario di Spagna, Filippo, e che i due si fossero innamorati. Impossibilitati, però, a stare insieme a causa delle loro differenze religiose e, conseguentemente, politiche, misteriosamente Margaretha morì a soli 21 anni dopo un improvviso quanto drastico peggioramento della sua salute.
Secondo l’opinione comune del tempo, la giovane era stata avvelenata da chi voleva impedirne le nozze con Filippo di Spagna e sebbene la matrigna fu scagionata dalla storia, il suo evidente legame con la povera Biancaneve rimane. Se poi alla triste vicenda biografica di Margaretha aggiungiamo il fatto che il padre possedeva diverse miniere di rame in cui la maggioranza dei lavoratori erano bambini, dunque di bassa statura proprio come i Nani della fiaba, comprendiamo come il legame tra realtà e fiction sia più che plausibile. La residenza dei sette nani è stata suggerita essere l'ex villaggio minerario di rame di Bergfreiheit, oggi un distretto di Bad Wildungen che chiama sé stesso Schneewittchendorf (villaggio di Biancaneve).
Secondo Karlheinz Bartels, invece, la figura di Biancaneve si ispirerebbe a quella di Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal, nata nel 1725 a Lohr, vicino a Francoforte e figlia del principe locale, Philipp Christoph von Erthal. Il padre, due anni dopo essere rimasto vedovo, si risposò con Claudia Elisabeth von Reichenstein, che cacciò Maria dal palazzo, costringendola a rifugiarsi in un vicino villaggio di minatori. Anche in questo caso, i Nani della storia sarebbero identificabili nei locali minatori, individui di bassa statura quale risultato di malnutrizione e povertà in cui versava la classe operaia dell'epoca. L'avversione dei concittadini per la matrigna fece esaltare Maria come una santa e a causa di questa connessione con la famosa Biancaneve, il castello dei von Erthal è ancora oggi un'attrazione turistica, soprattutto perché al suo interno si può ammirare uno specchio parlante. L’oggetto, magico senza dubbio per il tempo, fu realizzato da abili artigiani che, attraverso sofisticati meccanismi, permisero ad esso di “parlare”, proprio come lo specchio delle brame che troviamo nella fiaba dei fratelli Grimm
È chiaro che nessuno potrà mai affermare con certezza chi tra Margaretha e Maria Sophia sia stata la “vera” Biancaneve, ma è chiaro che la principessa ritratta dalla Walt Disney è ispirata, almeno a livello di costume, a Margaretha Von Waldeck che visse agli inizi del 1500 e non a Maria Sophia, vivente ben due secoli dopo.
Inizialmente i disegnatori Disney crearono una Biancaneve ispirata a Betty Boop (che aveva esordito solo sette anni prima, nel 1930, e aveva riscosso grandissimo successo), ma Walt Disney non approvò questa scelta considerando la figura di Betty troppo sexy e provocante rispetto alla fiabesca Biancaneve che doveva essere un personaggio per bambini. I disegnatori mantennero così la linea già prestabilita, ma presero a modello per la principessa Marjorie Celeste Champion attrice e ballerina di Hollywood che diverrà, successivamente, modello anche per la Fata Turchina del Pinocchio della casa cinematografica.
A livello di costume, come abbiamo detto, si decise di rendere Biancaneve una nobildonna tedesca del 1500 nel suo abito iconico dall’alto colletto inamidato, corsetto che diminuisce le dimensioni della vita (non più alta come quella di moda nel periodo medievale) e delle maniche a sbuffo con tagli verticali. Fin dall'alto Medioevo, soprattutto in paesi come la Germania, esisteva la necessità di coprire il corpo abbondantemente, indossando più vesti sovrapposte, per difendersi dal freddo invernale. Il binomio veste-sopravveste era comune ad ambo i sessi. Con l'avvento del Rinascimento l’abito femminile prese il nome di "gamurra".
La gamurra era un abito lungo fino ai piedi, solitamente invernale, in lana, abbastanza attillato, a volte chiuso da bottoni sul davanti, a volte da stringhe posteriori o laterali, più o meno ricco a seconda della classe sociale. La gamurra aveva quasi sempre maniche separate dalla veste e, con l'avanzare del Quattrocento, l'usanza volle che vi fossero praticati tagli verticali, e che la manica stessa fosse tenuta insieme da laccetti, e dai cui tagli sbuffasse la candida camicia. Le maniche inoltre potevano essere ricamate anche con filo d'oro e con l'applicazione di gioie. Ciò le poteva rendere talmente preziose, da doverle metterle al sicuro in un forziere. In generale, anche senza ulteriori impreziosimenti, il far intravedere quella che, al tempo, era considerata biancheria intima, bianca faceva capire il ceto sociale di chi indossava l’abito poiché per indossare abbigliamento di colore bianco si doveva avere la possibilità di lavarsi frequentemente e, altrettanto frequentemente, di fare il bucato; nonché di svolgere attività giornaliere che non comportassero lo sporcarsi. Appare dunque chiaro come l’indossare biancheria bianca fosse esclusiva dei nobili e come il mostrarla non fosse altro che un’ostentazione del loro ceto sociale e della loro ricchezza. La veste si poteva stringere con un corsetto (come vediamo proprio nel costume di Biancaneve) o allargare in caso di gravidanza.
Nel cartone, Biancaneve indossa anche un altro abito rattoppato che dà l’idea della condizione di schiavitù in cui la costringe la regina. Questo abito, più semplice di quello blu e giallo, riporta diversi elementi tradizionali tedeschi come gli zoccoli e, a detta di diversi storici, voleva essere più che altro un messaggio alle donne americane che si trovavano a fare i conti con la povertà dovuta alla Grande Depressione del ’29. Biancaneve, infatti, divenne anche un fenomeno di moda non solo perché se ne imitò lo stile al tempo, ma perché anche in seguito ispirò diverse creazioni, tra cui un bracciale di Cartier, la collezione del 2014 del brand Valentino e la collezione Coach del 2018 nata proprio da una collaborazione con Disney e chiamata “A Dark Fairytale Collection”.

Diverso e più complesso il discorso riguardo la regina cattiva di cui nel lungometraggio non si fa mai il nome ma che è nota come Grimilde. Il suo nome ed il suo personaggio sono ispirati alla figura di Gudrun o Kriemhild, appunto, moglie di Sigfried protagonista della saga dei Nibelunghi; testo epico facente parte della tradizione, della mitologia e della cultura tedesca. A livello di apparenza fisica, l’ispirazione per la regina Grimilde fu Joan Crawford, attrice famosissima ed amatissima negli anni ’30. Il costume di Grimilde, invece, con il particolarissimo copricapo che ne nasconde completamente i capelli, è ripreso dalla statua di Uta von Ballenstedt che si trova nel coro della cattedrale di Naumburg.
Importante figura storica poiché moglie del margravio di Meissen, Uta visse tra il 1000 e il 1046, dunque ben prima del 1500 in cui, teoricamente si ambienterebbe la storia di Biancaneve.
Ispirato a tutte queste diverse influenze, il costume di Grimilde non può quindi essere considerato accurato secondo alcun periodo storico e, certamente, non se accostato a quello di Biancaneve.
Per quanto riguarda il costume del Principe, esso appare in linea con l’abbigliamento utilizzato dai giovani nobili in Germania tra il 1500 e il 1550 e dunque coerente con quello di Biancaneve; i colori dell’abito del principe sono chiaramente scelti per intonarsi a quelli della protagonista ed entrambi vestono il blu poiché esso era un pigmento estremamente costoso e difficile da ottenere e, dunque, indossato soltanto dai nobili.
Ultima nota riguarda il costume dei Nani. Secondo quanto riportato dalle fonti storiche, per essere meglio visibili nelle gallerie sotterranee delle miniere, i minatori (come abbiamo detto spesso bambini) indossavano dei cappelli dai colori sgargianti che li rendessero facilmente distinguibili sia in condizioni normali che di emergenza; da qui deriverebbero gli allegri cappelli colorati indossati dai sette Nani di Biancaneve.
Infine, una nota storica che, personalmente, ho trovato estremamente interessante.
Il film d’animazione Disney “Biancaneve e i Sette Nani” fu distribuito nelle sale nel 1937, cioè poco prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale e dell’apertura dei nazisti campi di concentramento.
Nel 1942, l’artista Annemarie Dina Gottlieb, ebrea originaria di una piccolo cittadina vicino Praga, venne arrestata dalla Gestapo insieme alla madre e, dopo un periodo di prigionia all’interno del ghetto ebraico di Theresienstadt, ella e la sua famiglia furono deportate ad Auschwitz.
Appassionata d’arte e di pittura, la giovanissima Dina rimase incantata quando vide Biancaneve e i Sette Nani al cinema e fu, tra l’altro, una delle ultime ebree a poter aver accesso a queste strutture prima delle leggi razziali introdotte nel 1938. Un giorno, ad Auschwitz, le venne chiesto da un uomo che proveniva dal suo stesso ghetto e dunque ne conosceva le doti, di dipingere una sorta di murales su uno dei muri della zona del campo riservata ai bambini ed ella decise di dipingere una scena tratta proprio dal film d’animazione Disney, quella in cui Biancaneve danza con i Nani.
Notate le sue capacità da un ufficiale delle SS, Dina era stata una studentessa della scuola di Belle Arti di Praga, la ragazza divenne ritrattista ufficiale del campo, con il compito di ritrarre i suoi compagni di prigionia in opere che servivano poi al dottor Josef Mengele come archivio per i suoi “esperimenti”. Il dottore, infatti, voleva raccogliere in una sorta di archivio visivo, i tratti fisici di Romani e Sinti, al fine di dimostrare come i loro volti fossero rappresentazione esteriore della loro perversione interiore e della loro inferiorità rispetto agli appartenenti alla razza ariana.
Grazie alle sue doti artistiche, Dina salvò sé stessa e la propria madre e a seguito della liberazione ella divenne una famosa cartoonista e combatté per tutta la vita affinché i ritratti di Auschwitz le fossero restituiti; ora la figlia continua questa battaglia.